India, il nuovo premier è atteso alla prova delle riforme

Fabio Liberali Paesi

I rapporti tra India ed Europa sono antichi, a cominciare da Alessandro Magno e dunque non sempre pacifici. Tuttavia gli scambi commerciali tra l’Impero Romano e l’India risalgono al I secolo d.C.: lo storico Dione Cassio scriveva che diverse ambasciate indiane furono inviate all’imperatore Augusto, in seguito a patti di alleanza.

1. La terra delle divergenze

L’India è la terra dei contrasti. Il periodo coloniale britannico ha lasciato in eredità la conoscenza dell’inglese, che lo rende, agli occhi delle aziende internazionali, una conveniente fonte di risorse umane a costi competitivi e con padronanza della lingua. Se a ciò uniamo le sue dimensioni, abbiamo un mercato immenso. Per contro, è accaduto nel Rajastan, può succedere che un novello sposo Dalit (i fuori casta, i paria) debba ricorrere alla polizia per poter cavalcare una giumenta, come impone il rituale durante i matrimoni. Altri abitanti del villaggio, delle caste superiori, avevano minacciato il linciaggio se ciò fosse avvenuto.

E ancora. Da una ricerca internazionale dell’Ipsos, è risultato che gli indiani, dopo gli indonesiani e insieme ai messicani, “sono tra i più felici del pianeta”: il 43% degli intervistati si è dichiarato “molto felice” (contro il 13% degli italiani, agli ultimi posti della classifica). Per contro, può accadere nelle aree tribali del Tripura, le donne vengano uccise perché accusate di stregoneria.

Dharavi è uno slum di Mumbai. Uno dei più grandi dell’Asia: oltre un milione di persone in poco meno di due  chilometri quadrati. Lo ha descritto Danilo Taino sul Corriere della Sera. Vi sono piccole fabbriche tossiche che tingono tessuti, modellano vasi, riciclano i rifiuti (plastica, alluminio, ecc.): meno di due euro al giorno per il lavoro. L’India poverissima. Ma non è più “soltanto una baraccopoli di latta e cartoni (…) ma è soprattutto un luogo dove tutti lavorano, magari sfruttati, ma con la voglia di uscire dalla miseria. A Dharavi, ci sono 10.000 piccoli business. Ci abitano medici, avvocati, professionisti, poliziotti. (…) Una nuova India, non più quella dei villaggi immobili, ma quella delle città che non spengono mai le luci. Non è il paradiso ma nessuno aspetta più con la mano tesa, nessuno incolpa la globalizzazione, nessuno cerca la sua Merkel sulla quale gettare la croce. Una lezione asiatica per europei”.

2. L’economia

Nel febbraio scorso, il Ministro indiano delle Finanze Palaniappan Chidambaram ha presentato in Parlamento la nuova legge di bilancio per l’esercizio fiscale che si apriva il 1 marzo 2014.

Il Ministro delle Finanze ha dato un’immagine positiva dell’economia del Paese: deficit in calo, inflazione sempre più sotto controllo, tasso di cambio stabile (dopo il crollo delle rupia che si è svalutata di circa il 30% su euro e dollaro) e la crescita – che ha toccato il punto più basso del 4,4% lo scorso anno – pronta a ripartire (4,9%, stimato dal Governo per l’anno in corso e 6% per il 2014-2015). Chidambaram ha anche ricordato che grazie all’istituzione del Cabinet Committee on Investments, solo nell’ultimo anno, sono stati sbloccati progetti per oltre 100 miliardi di dollari e che in dieci anni il Governo ha fatto emergere dalla povertà oltre 140 milioni di persone. A riguardo, le principali organizzazioni industriali indiane hanno espresso soddisfazione per le misure in bilancio, destinate a ridare vigore al settore manifatturiero, ormai stagnante e per il quale è addirittura prevista una contrazione dello 0,2% nel corrente anno fiscale. Da ultimo il Ministro, ha delineato un piano in dieci priorità, tra cui infrastrutture, manifatturiero, urbanizzazione intelligente e stabilità dei prezzi.

3. Lavoro

I piccoli contadini – un tempo la colonna vertebrale dell’economia e un affidabile serbatoio elettorale – sono sempre più “lasciati indietro”. Secondo l’India Labour and Employment Report 2014, una larga fetta dei lavoratori agricoli (circa il 49%) contribuisce solo per il 14% al PIL; per contro il settore servizi contribuisce per 58%, ma genera solo il 27% dell’occupazione. In generale, lo sviluppo del Paese ha ridotto la povertà estrema, ma almeno il 60% dei lavoratori indiani sono ancora considerati poveri (la linea della povertà è di circa US$ 1,25 al giorno in termini di PPP – Purchasing Power Parity), sebbene abbiano un lavoro. Tra i 460 milioni di indiani in età da lavoro, il tasso di disoccupazione è tuttora elevato, molte delle occupazioni sono saltuarie e a bassa produttività. Per contro, la nuova middle class urbana è in forte crescita. Crescita che si registra anche in altri settori dell’economia: IT, infrastrutture, telecomunicazioni, commercio e sanità.

4. Tendenze

Recentemente ho partecipato come relatore al Forum dell’IEE Expo di Mumbai. Nell’occasione, Shaker Gopalkrishnan ha fornito interessanti dati sull’andamento dell’economia del Paese. La sua stima parla di un prodotto interno lordo (nel periodo 2013-14) pari a circa US$ 1.900 – 2.000 miliardi. Nel complesso, l’India ha registrato una crescita del 7,7% all’anno nell’arco del decennio tra il 2001-02 e il 2011-2012 (la crescita media dagli Anni ’80, è stata di oltre il 6% annuo). In questo periodo, l’apporto dei servizi al PIL totale è passato dal 59% (2002-03) al 67% (2012-2013), mentre l’industria è passata dal 21% al 19% e l’agricoltura dal 20% al 14%.

Tabella 1 India.001

Tabella 2 India.001

Sempre secondo il rapporto di Shaker Gopalkrishnan, la popolazione indiana è di circa 1,3 miliardi persone, di cui circa il 31% risiede in aree urbane. Nell’ultimo decennio, 182 milioni di persone si sono spostate in città. Nel 1951, la popolazione rurale era l’82,7%., cinquanta anni dopo era scesa al 74,3% (2001). Le previsioni per il 2012, prevedono un ulteriore calo al 67,7%.

In anni recenti, alcune aree periferiche e suburbane attorno alle grandi metropoli si sono espanse notevolmente e il fenomeno è stato particolarmente veloce e per le sette megalopoli Greater Mumbai, Delhi, Kolkata, Chennai, Bangalore, Hyderabad e Ahmedabad.

La conseguenza diretta è stata la crescita del settore costruzioni (che da solo contribuisce all’8% del PIL del Paese), previsto in ulteriore sviluppo nei prossimi anni, in base al 12° piano quinquennale. Il trend positivo è ulteriormente supportato dal potenziamento dei piani infrastrutturali (urbani e non), nonché dall’edilizia residenziale, commerciale e industriale.

Tabella 3 India.001

5. Il futuro

Il rapporto di aprile dell’IMF, conferma i dati forniti dal Ministro delle Finanze Palaniappan Chidambaram. Infatti, prevede una crescita del PIL del 5,4% nel 2014 (contro il 4,4% del 2013), e del 6,4% nel 2015, grazie soprattutto al miglioramento della competitività dell’export e all’annunciato piano di investimenti.

A ulteriore supporto della tonicità del sistema economico indiano, alla fine dello scorso aprile, c’è lo studio dell’International Comparison Program (ICP) della Banca Mondiale: la Cina diverrà la prima economia del mondo (PPP –  Purchasing Power Parity) entro la fine dell’anno, scavalcando gli USA; l’India invece sale al terzo posto, davanti a Giappone, Germania, Russia, Brasile, Indonesia, Messico e Regno Unito. Per la cronaca, l’Italia scivola all’11° posto in questa speciale classifica.

6. Da Plinio il Vecchio a Narendra Modi

Tornando alla storia. Nel 77 d.C., Plinio il Vecchio stimava che il valore del commercio di Roma con l’Oriente fosse di 100 milioni di sesterzi all’anno. Cifra difficile da valutare, mentre invece è certo che il Governo Romano in Egitto imponesse una tassa del 25% su tutti i beni in arrivo dall’India, nei porti sul Mar Rosso.

Tasse a parte, chissà che questa storia bimillenaria non possa avere nuovi interessanti sviluppi per le relazioni commerciale industriali tra India ed Europa.

L’incognita è Narendra Modi. Il vincitore delle elezioni (Bharatiya Janata Party) nazionalista indù, controverso e discusso, fin dai tempi un cui governava lo Stato del Gujarat. Lui è riuscito ad “asfaltare” l’Indian National Congress: la tradizione, impersonata da Rahul Gandhi, primogenito di “Sonia l’italiana” e di Rajiv Ghandi, nipote di Indira Gandhi e pronipote di Jawaharlal Nehru. La continuità ereditaria  (e corrotta) con il passato (un passato anche glorioso, visto che a guidare il partito ci fu anche il Mahatma Gandhi).

Da NaMo, come viene chiamato dalla stampa indiana, ci si aspetta che “vivifichi lo spirito animale del paese”. In pratica a lui si chiede che ridia vigore alla crescita del paese: imbrigliando l’inflazione, riducendo il deficit fiscale, combattendo la corruzione, dando stimoli alla produzione industriale e agevolando il credito per le imprese e per le infrastrutture.

L’India è la terra dei contrasti. Quindi, oltre alle scelte economiche NaMo dovrà anche occuparsi del problema delle caste, della povertà diffusa e scacciare le ombre sul suo passato di estremista indù.

Il futuro dell’India passa da qui.

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Dal “Periplus Maris Erythraei”:“Vengono poi importati vino, preferibilmente italiano (SIC!), ma anche laodicense ed arabo; rame, stagno e piombo; coralli e topazi; stoffe sottili e articoli di tutti i tipi; cinture dai colori brillanti larghe un cubito; storace, trifoglio dolce, coppe di vetro, realgar, antimonio, monete d’oro e d’argento, sulle quali si crea profitto scambiandole con le monete locali (…). Da qui vengono esportati nardo, costus, bdellium, avorio, agate, cornalina, lycium, stoffe di coton edi tutti i tipi, stoffe in seta, pepe lungo e tutte le altre mercanzie che giungono qui dalle varie città mercato”.

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